I Segni della Montagna

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“Ho lavorato a presentare la montagna con un’idea nuova, diversa, fuori dall’ordinario concetto della “bellissima-foto-in-un-ambiente-montano-straordinario”. Così, nel tentativo di perseguire l’originalità proposta, mi sono inventato quella strana cosa che ho chiamato “caleidografia”, ovvero una composizione fotografica basata sulla ripetizione a specchio - proprio come nel caleidoscopio - di un’immagine di montagna.

Così in questi ultimi anni mi sono dedicato a questa nuova via da percorrere che mi ha fatto sognare e divertire: queste elaborazioni, che partono da un’immagine reale, si trasformano in visioni fantastiche che ciascuno interpreta secondo la propria sensibilità, il proprio vissuto, i propri sogni.

Sono convinto che l’essere umano del giorno d’oggi abbia più che mai urgenza di ritrovare un rapporto più stretto con la natura di cui la montagna è ancora limpida testimone. I “segni” che la montagna traccia sono infiniti: l’intensità del verde dei prati, lo splendido candore della neve sui rilievi, lo scorrere sonoro dei torrenti, l’ondeggiare al vento delle punte degli abeti, i profili in controluce dei monti che giocano con le nuvole… Entrare in armonia con la montagna significa riprodurre l’armonia dentro se stessi: in fondo, siamo microcosmi che dovrebbero allinearsi al macrocosmo. Assumersi questa responsabilità dovrebbe far parte del percorso di ognuno.

Ma c’è qualcosa di più personale che mi ha spinto a pubblicare questo libro: il desiderio di lasciare un’altra testimonianza del mio grande, appassionato, profondo amore per la montagna che ha arricchito la mia vita di intense emozioni e di sottili insegnamenti. Un sincero ringraziamento che le dovevo. Mi sono così rivolto a una casa editrice di recente affermazione che si distinguesse per la qualità editoriale delle pubblicazioni e le ViviDolomiti Edizioni di Belluno hanno reso possibile questo mio sogno.

Ho voluto accompagnare ogni foto di partenza (e rigorosamente solo quella) con un breve commento da parte mia: un modo discreto per comunicare il mio stato d’animo al momento della ripresa fotografica e altre volte la mia relazione col mondo dell’alpe. Senza però influenzare il lettore-osservatore nella sua personale interpretazione delle immagini caleidografiche. La montagna ci parla in mille modi diversi: con la sua articolata realtà ma anche con la fantasia che scaturisce dai sogni di chi la sa frequentare con attenzione e curiosità.”

Istruzioni per l’uso: le quattro immagini singole, separate da due sottili fughe - una orizzontale e una verticale -  provengono sempre dalla foto di partenza in duplice copia e dalle stesse 2 foto rovesciate: il tutto da comporre ricercando il risultato più fantasioso e fantastico, spesso simmetrico, a volte asimmetrico. Il suggerimento è prima di tutto di lasciarsi prendere e sorprendere dalla composizione fotografica nel suo insieme (la stessa immagine può provocare sensazioni diverse in ogni persona).

PREFAZIONE A CURA DI FRANCO FONTANA

Giandomenico Vincenzi, confessandosi, sottolinea che ha un’età venerabile e una chiara, partecipata visione della vita, che ha via via affinato con gli anni, con gli “esperimenti”, con il suo progressivo maturare di una cultura artistica e di un gusto estetico. Ha anche una sua personale visione della montagna, come solitudine e confronto, ma anche come dialogo silenzioso ma intenso e che - mutuando Reinhold Messner - può essere anche un dialogo assordante con chi ci ha preceduti e con chi verrà dopo.

Dicevo che ha via via affinato i suoi esperimenti. “Experimenta” è stata definita la sua originale ricerca e creazione che chiama caleidografia “ovvero una composizione fotografica basata sulla ripetizione a specchio - proprio come nel caleidoscopio - di un’immagine di montagna”. Per cui le sue immagini sono ricerca, studio, ma anche divertimento e, soprattutto, creazioni artistiche emozionali, che “partono da un’immagine reale, si trasformano in visioni fantastiche che ciascuno interpreta secondo la sua sensibilità,
il suo vissuto, i suoi sogni”. Come nei libri di narrativa che, quando vengono pubblicati e diffusi non sono più opera dei loro autori ma - come suggeriva già Voltaire - diventano tante opere diverse quanti sono i lettori, diverse sulla base delle sensibilità, della cultura, degli stati d’animo di ciascun lettore, nel momento che fa sua l’opera di un altro. Facendosi conquistare e coinvolgere fino alle emozioni più pure e intense.

Giandomenico Vincenzi ci conquista, ci emoziona con le sue caleidografie che si propongono di “spostare la mente dal pensiero all’immaginazione”. Come avviene nello Yoga - che Vincenzi pratica e insegna - le sue caleidografie inducono le persone a “uscire dagli schemi cerebrali dell’intelletto per aprirsi a visioni di fantasia che sviluppano intuizioni a livello più profondo”. Ma sempre, su tutto, prevale la forma, la creazione artistico-emozionale, che è aspirazione al bello, allo stile, al senso estetico. Perseguiti anche attraverso la magia del caleidoscopio (kalòs eidos: figura del bello) il quale moltiplica un’immagine in composizioni simmetriche e asimmetriche grazie agli specchi e, nel contempo, crea e dilata il mistero di un labirinto sempre in divenire, in trasformazione. Un labirinto che ciascuno di noi percorre e ripercorre, vive in prima persona, tra l’immensità degli spazi delle montagne, con i suoi cieli che si incurvano e, sinuosi, entrano ed escono dalle montagne, con i suoi boschi, i suoi prati colorati all’insegna del verde e dei gialli, con le sue rupi, le sue rocce che sembrano aspirare al cielo in un costante desiderio di spazio senza tempo. In tutte le sue creazioni fotografiche, nelle sue caleidografie, come conclude l’autore, “la montagna ci parla in mille modi diversi: con la sua articolata realtà ma anche con la fantasia che scaturisce dai sogni di chi la sa frequentare con attenzione e curiosità”.

Aggiungerei anche con la passione e l’amore di Giandomenico Vincenzi.

                                                                      Franco Fontana (Agosto 2015)

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